"SA SEADA"

La seada (anche sebada, sevada, savada e sevata in lingua sarda) è un dolce fritto tipico della tradizione sarda a base di semola, formaggio pecorino e miele (o zucchero) come condimento.

Da un recente studio, la seada ha origine nelle montagne dell'Ogliastra settentrionale, e da quelle della Barbagia di Ollolai, in particolare tra i paesi di Dorgali e Urzulei, ma essendo un prodotto a base di formaggio, la sua diffusione è da ricercare nelle altre zone dell'isola tradizionalmente legate alla pastorizia, quindi l'area definita tra il Logudoro e le Baronie, i luoghi quindi dove per via delle transumanze si poteva trasmettere il sapere. La seada è attualmente considerata un dolce anche se in origine rientrava tra le pietanze principali tanto da poter sostituire un secondo.

La seada viene prodotta ormai in tutta l'isola, laddove la produzione artigianale è ancora prevalente nelle zone a maggior vocazione economica pastorale. Da qualche anno si stanno diffondendo anche versioni "commerciali" reperibili nelle grandi catene di distribuzione. Esistono varie interpretazioni della ricetta base, ma i tipi sono sostanzialmente due: con formaggio cotto e con formaggio crudo: quest'ultima è detta in lingua sarda a "sa mandrona", ossia "in modo pigro".

"PARDULAS E CASADINAS"

Le pàrdulas, così chiamate in lingua sarda in zone quali il Sulcis, i Campidani di Cagliari e Oristano, Ogliastra etc., così come le casadinas, altra variante delle Barbagie, del Logudoro, etc., sono un tipico dolce pasquale della tradizione sarda. La pàrdula e la casadina vengono spesso italianizzate col nome di formaggella, benché l'utilizzo del formaggio non sia necessario in ogni loro versione. In Corsica sono presenti con nome di imbrucciati.

La pàrdula e la casadina sono piccole tortine con ripieno di ricotta o di formaggio. A seconda della zona si possono trovare in una versione dolce o salata, all'aroma di arancia o limone e, più rara, una versione con l'uvetta.

Nonostante la preparazione identica, il gusto tra la pàrdula (con ripieno di ricotta, più delicata), e la casadina (con ripieno di formaggio fresco, dal sapore più deciso) è molto diverso.

"SOS PAPASSINOS"

Per la festa di Ognissanti del primo novembre paseggiando tra le vie dei paesini in Sardegna non potrà sicuramente mancare un forte profumo di papassini , denominati anche papassinos, papassinas o pabassinos. Si tratta di deliziosi biscottini rustici e croccanti dalla tipica forma romboidale sormontati da una candida glassa guarnita con colorate codette di zucchero che i sardi chiamano “cappa”. Il termine papassini deriva dalla parola papassa, che in dialetto sardo significa uva passa, ingrediente immancabile in questi dolcetti dai semplici sapori. Le origini antiche e casalinghe di questa ricetta sono tradite dalle sfumature che si ritrovano nella varie ricette diffuse in tutta la regione. Tra le diverse versioni ne esiste una che prevede nell’impasto la “sapa”, uno sciroppo d’uva zuccherino che si ottiene dal mosto appena pronto e che conferisce un aroma unico a questi biscotti autunnali.
Buoni e genuini, i papassini sardi mantengono in vita una delle tradizioni più golose dell’isola!

"SOS MARIGOSOS"

Paese che vai nome che trovi, Sos Marigosos – Bianchini ma anche bianchittus, tanti nomi per questo dolce che assomiglia tantissimo alla meringa, ma si differenzia per l'interno cremoso.
In origine venivano preparati per cerimonie importanti quali i matrimoni, oggi si trovano praticamente ogni giorno dell'anno, infatti non c'è pasticceria che non li prepari.

"SA POMPIA INTREA"

La pompìa intrea è una scorza d’agrume candita. Si presenta di forma rotonda e schiacciata, colore ambrato (che può andare dal chiaro allo scuro), consistenza compatta e gommosa, sapore molto particolare, agrumato e leggermente amarognolo. Si ottiene attraverso un processo di lavorazione piuttosto lungo e meticoloso, svolto prevalentemente a mano e con l'ausilio di pochi utensili da cucina. 

A Siniscola la pompìa intrea è ritenuto il dolce più prelibato e raffinato: per questo motivo è sempre stato il dolce per eccellenza delle grandi occasioni (matrimoni, battesimi, ecc) e, di solito, delle famiglie più abbienti. Nonostante le materie prime siano tutto sommato piuttosto comuni e a basso costo, la meticolosa preparazione del dolce ha da sempre fatto sì che fosse ritenuto una prodotto ricercato e costoso.

La ricetta della sua preparazione si è tramandata immutata nel tempo di madre in figlia, omogenea in tutto il paese: alcune variazioni si riscontrano esclusivamente nella preparazione dello sciroppo di canditura, che alcune persone ottengono utilizzando oltre al miele anche lo sciroppo di acqua e zucchero. Solo da alcuni anni è possibile assaporare il prodotto in alcuni ristoranti o trovarlo in commercio in alcune pasticcerie di dolci sardi. Anche in questi ultimi casi la preparazione segue perfettamente le regole della tradizione.

"S'ARANZADA"

S'aranzada o S'arantzada (l'aranciata) è un dolce sardo tradizionale preparato con scorza d'arancio candita nel miele e con mandorle. Diffuso soprattutto nella Barbagia di Nuoro e nelle Baronie, veniva confezionato in ambito familiare e si usava offrirlo nelle occasioni importanti, soprattutto nei ricevimenti di nozze. In epoca moderna, prodotto in tutta l'isola da pasticcerie e industrie dolciarie, viene commercializzato per essere venduto in tutto il mondo.  La scheda della Regione Sardegna identificativa del dolce, prevede che la scorza dell'arancia venga tagliata in grossi spicchi e che si aggiungano nel composto, durante la fase di canditura con miele o sciroppo di zucchero e miele, mandorle intere, pelate e tostate; infine, a cottura ultimata, il composto viene rovesciato su un piano di legno e steso in uno strato di circa un centimetro di spessore per essere tagliato, una volta raffreddato, a piccoli pezzi romboidali quasi fosse una sorta di torrone di consistenza gommosa.

Diversa l'originale ricetta dell'aranciata nuorese. Questa prevede un composto di sottili strisce di buccia d'arancia e miele puro, in proporzione di 1 a 1, cotto a lungo con aggiunta finale di mandorle pelate e leggermente tostate, tagliate a bastoncino che, una volta freddo, viene posto in pirottini di carta senza essere compresso.  La ricetta fu messa a punto alla fine dell'Ottocento da Battista Guiso, pasticcere nuorese titolare dal 1886 dell'omonima ditta, il quale rese il dolciume famoso in Italia e all'estero. Presentandolo in eleganti scatole, intorno al 1900 ottenne ambiti riconoscimenti in importanti esposizioni internazionali (medaglia d'oro con diploma d'onore a Parigi, Cannes e Marsiglia) e poté annoverare fra i suoi clienti la regina Margherita. Guiso fu infatti autorizzato a far stampare sulle confezioni del suo dolce il titolo di "Fornitore di S.M. la Regina Madre" e lo stemma della regina.


"SOS VUVUSONES"

Sos vuvusones, sono dolci tipici della Sardegna, ricoperti di zucchero o miele, che si preparano in occasione del periodo di Carnevale. La particolarità che oltre ad essere aromatizzate con l’acquavite, la grappa tipica sarda, vengono fritte formando una lunga spirale, che a volte raggiunge anche 1 metro di lunghezza.
Le zeppole sarde, o sos vuvusones, si trovano spesso in altri periodi dell’anno, per esempio nella sagre di paese e cambiano il loro nome e la ricetta in base alla zona della Sardegna.